29/01/2019   Due notti insonni e un grido di allarme






Era un lunedì mattina di oltre tre mesi fa (22 ottobre 2018) e qualcuno quella notte non ebbe dei sonni troppo tranquilli.

Il giorno precedente in quel di Reggio Emilia, dove si era svolto il Campionato Italiano della 50km di marcia (assieme ad altre gare di corollario) il tasso tecnico di qualche atleta italiano di punta era stato bocciato con una squalifica da una giuria internazionale.

Erano stati in sette (nelle varie categorie tra i senior, gli U20 e gli U18) a vedersi alzare di fronte agli occhi quella maledetta paletta rossa, che è l’incubo di molti.

Ma ben altri quattro, fortunatamente negli U18, riuscirono a scampare a questo pericolo usufruendo di quella regola della “Penalty Area” che prima quasi nessuno voleva, ma che oggi si rivela quasi un toccasana.

Pensavamo di aver raschiato il fondo del barile.

Macché !

 

Il risveglio di questa mattina è stato ancor più malinconico, con gli incubi notturni che si sono riproposti in maniera molto più pressante.

Gioiosa Marea ha rivisto nelle stesse categorie di Reggio Emilia (senior, U20, e U18) ben 12 palette rosse anche in questo caso di una giuria internazionale comprendendo fra queste le 3 degli U18.

 

E’ stata la tecnica ad essere la grande sconfitta della giornata.

 

La 35km/50km degli uomini, in particolare, ha visto l’esclusione di quattro atleti di punta, di quella elite dalla quale si spera di ritrovare chi rinnovi i fasti del passato e magari riesca  anche a rielaborare il lutto del post Schwazer.

Fino al 2013 il buon livello della marcia in Italia era riconosciuto come un modello se non da copiare almeno a cui fare riferimento.

Poi pian piano le cose sono cambiate a casa nostra e purtroppo in peggio. Non basta oggi “il modello Palmisano”, servono “dieci modelli Palmisano”.

Oggi la situazione attuale dimostra che se non ci diamo una mossa a cambiare avremo più bisogno di psicanalisti di gruppo che non di ricerche di entry standard per i major events internazionali.

 

Cambiare, ma come?

L’occhio del giudice internazionale è ormai abituato ad accettare una gestualità semplice, fatta di spinta, di non eccessivo innalzamento del tallone posteriore, di passaggio della gamba avanzante radente al terreno sulla verticale e di attacco del tallone senza vedere un eccessivo innalzamento del ginocchio.

Tutto questo deve essere condito con un ottimo movimento delle anche.

Generalmente la rigidità delle anche è la principale causa degli errori dei marciatori assieme alla scarsa reattività dei piedi.

Possibile che i nostri vecchi guru nazionali non riescano ad attuare quella decina di esercizi di “afloçamento” (per dirla alla Hausleber) che risolverebbero questi problemi ?

Per favore non si creda di fare a modo proprio, sostenendo che a casa vostra si faccia diversamente.

 

Se continuiamo a pensare avendo come obiettivo “il breve periodo”, continueremo a credere nella favoletta che circola ritmicamente nell’ambiente: “Questo sarà un nuovo campione olimpico”. Errore, signori!

Da molto tempo si sente ogni anno un nome nuovo che avrebbe le potenzialità di diventare un nuovo campione olimpico, salvo poi ad accorgersi l’anno successivo che quel nome è stato bruciato sul rogo della tecnica abbattuto dalle red card di una giuria seria in giro per il mondo.

 

Quando nella squadra di punta della 50km su dieci atleti, dei quali quattro hanno pianificato di arrivare ai 35km (quando dovrebbero iniziare le vere difficoltà), e quando dei sei rimanenti quattro vedono di fronte alle loro spalle la paletta rossa, ed uno (il vincitore) termina con due red cards, allora non è più tempo di polemizzare contro questo o quel giudice, oppure di nascondersi dietro le frasi storiche di trent’anni fa che sostenevano la protezione di quelle magliette giallo-verdi o rosso-blu o amaranto.

E’ tempo di pensare ai propri errori !

Prima di costruire un campionissimo bisogna costruire un buon marciatore, e la costruzione di un buon marciatore implica tempo !

O forse dimentichiamo che molti atleti di vertice agli inizi della loro carriera finivano spesso a fermarsi a bordi della strada o della pista ?!

 

Pensiamo a costruire un atleta che sappia marciare bene e poi lasciamo a madre natura di darci la possibilità di trovare il nuovo campione che nasce ogni dieci/venti anni.

Cerchiamo di fare il nostro lavoro presentando alla partenza dei buoni, magari ottimi marciatori, che non abbiano paura a presentarsi con ansia di fronte ad una giuria internazionale.

Jefferson Perez diceva che il giudice è il suo amico perché lo aiuta a capire i propri errori.  Figuriamoci se lo diceva lui.

 

Se non facciamo questo non avremo fatto il nostro lavoro di allenatori, di giudici, di padri, ma soprattutto di educatori e saremo noi ad aver fallito di fronte alla storia, non lo squalificato di turno.

 

Lui ha solamente marciato come noi glielo abbiamo insegnato.